THE EMPIRE STRIKES FIRST
(EPITAPH/SELF)
Dopo ventiquattro anni di carriera e quattordici album è difficile trovare nuove spunti di cui parlare dei Bad Religion. Mettendoci d'impegno possiamo prima di tutto notare che il passare degli anni e sicuramente un ricco conto in banca non hanno fiaccato la loro consapevolezza sociale e la voglia di scegliere una giusta causa per cui combattere. Nel caso specifico è la guerra in Iraq che coinvolge anche la popolazione americana, come trentacinque anni fa accadeva per il Viet Nam. E lo fanno alla loro maniera, con quel punk veloce e melodico al tempo stesso, che ha fondato il cosiddetto cali-punk che impera ancora oggi.
La prima parte del disco è la più tirata ed irruente, ma i brani, anchoré veloci, non riescono a creare l'attenzione sperata. Troppo brevi e scarni nella loro essenza. Il disco si fa più interessante invece quando la band rallenta i ritmi, inaspettatamente visto il titolo, in Los Angeles Is Burning, oppure quando cerca di avvicinarsi al linguaggio di strada con un cantato simil rap in Let Them Eat War. I classici cori la fanno da padrone in God's Love e The Quickening e sono sempre ciò che, al di là di tutto, riesce a mantenere il gruppo a galla. In definitiva questo è un album coerente con la storia della band, e non avremmo potuto aspettarci nulla di diverso da loro. Occasionalmente sanno ancora come intrattenerci con classe e gusto, forse più con l'impegno che con la musica, ma ancora oggi sono un faro per tutte le miriadi di band senza costrutto che tentano invano di imitarli in California, e non solo. Un grande nota di merito è communque la copertina, volgare e slabbrata, con un bel fondo pasticciato in bianco nero e rosso, puro stile punk. E per loro è quasi superfluo aggiungerlo.
[Grad Meter: Mid]
Stefano Cerati
Innanzitutto, da dove parte questo disco?
Brett: "The Empire Strike First" inizia proprio dove finiva "The Process of Belief"; la formazione è rimasta quella, con Brooks (Wackerman, nda) ormai perfettamente a suo agio alla batteria, e la nostra scrittura si è evoluta in quella direzione.
Greg: Ormai abbiamo ritrovato un nostro equilibrio dopo il rientro di Brett nel gruppo e credo che tutto questo si sia riflesso positivamente in questo lavoro.
Sbaglio o di questi tempi siete davvero arrabbiati?
G: Hai perfettamente ragione; succedono talmente tante cose spiacevoli che è diventato difficile per noi non fare uscire questo nella nostra musica. Quello che stiamo vivendo mi riporta con la mente a quando alla Casa Bianca c'era Reagan, un momento buio della nostra storia recente.
B: Come si fa a rimanere calmi e tranquilli con tutto quello che sta capitando? Non possiamo fare molto come musicisti, ma certamente esprimiamo i nostri stati d'animo.
I bersagli, manco a dirlo, sono sempre quelli: potere, religione...
G: Può anche sembrare banale, ma per me sono sempre questi i nemici da combattere. Negli anni credo, e spero, di essere migliorato come scrittore di canzoni; di certo riesco ad esprimere meglio quello che provo, ad esempio, sulla religione, ma la mia opinione di fondo è sempre la stessa: credere in un qualunque Dio senza farsi venire alcun dubbio è molto pericoloso, e quello che sta capitando ne è la prova.
Giorgio Sala